Vaghezza e chiarezza: tradurre Il grande Gatsby
Abstract
La traduzione di The Great Gatsby (1925) di Francis Scott Fitzgerald, pubblicata da Feltrinelli nel 2011: dalla tensione fra lingua scritta e lingua orale all’alternarsi di registri linguistici assai vari nei dialoghi (formale, colloquiale, popolare), dalla difficoltà di seguire Fitzgerald nelle sue ellissi all’aderenza sia alle sue scelte stilistiche sia ai campi espressivi da lui prediletti, in particolare l’area semantica del mare, delle tenebre, dell’inquietudine. Nell’articolo entro nel dettaglio delle singole scelte traduttive – attraverso il confronto della traduzione con il testo fonte e la spiegazione delle decisioni prese – compiute all’insegna di una scelta di fondo, e cioè che il fine etico dell’atto traduttivo sia accogliere lo Straniero in quanto tale, affinché nel versare un libro nella propria lingua madre l’Altro resti Altro e il desiderio di tradurre non porti a sostituire il proprio all’altrui.
The article retraces the path I followed in my translation, published by Feltrinelli in 2011, of Francis Scott Fitzgerald’s The Great Gatsby (1925) – from the tension between the written and spoken languages to the wide diversity of registers (formal, colloquial, popular) in the dialogues, from the difficulty of staying in step with Fitzgerald’s ellipses to the preservation of his stylistic choices and his favourite semantic fields, particularly those of the sea, of darkness and of restlessness. By comparing my translation with the source text and explaining the rationale behind my decisions, I will perform a thorough examination of my translation choices, which have been based on the tenet that the ethical aim of the translation act is to receive the Foreign as Foreign, so that when one turns a book into one’s own mother tongue the Other remains the Other and the wish to translate does not lead one to replace the Other with the Self.
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