Il godimento e l'oggetto lunare. Per una lettura lacaniana di Gli sguardi, i fatti e Senhal di Andrea Zanzotto
Abstract
Il presente intervento adotta la categoria lacaniana di registro reale al fine di fornire una rilettura del poemetto Gli sguardi, i fatti e Senhal di Zanzotto che sia più coerente alla volontà autoriale, tentando uno smarcamento da qualsiasi interpretazione patografica dell’opera, cercando invece la principale verifica di questa ipotesi interpretativa all’interno del dettato poetico. L’evento banale dell’allunaggio, la ferita lunare, non deve essere letto solo ed esclusivamente come un tentativo di colonizzazione dell’Inconscio, di una sua messa a disposizione della società mass-mediatica che è riuscita a rendere il luogo più recondito della psiche umana attingibile attraverso un controllo degli istinti da parte del mercato e della sua mediatizzazione, a cui concorre la forte presenza di un linguaggio pubblicitario e fumettistico nel poemetto. In questo senso, l’uso di un genere letterario meno praticato nel secondo Novecento sarà affrontata nella seconda sezione del saggio insieme alla collocazione del Soggetto poetico nel cotesto del poemetto. Nella terza parte del saggio, l’oggetto luna-Diana, centro poematico dell’intero componimento, sarà ricollegato ad un’altra dimensione, centrale in tutta la riflessione poetica zanzottiana, ovvero quella che cerca di restituire le dinamiche del registro lacaniano del reale. Attraverso questa prospettiva, l’oggetto lunare è interpretabile come Das Ding, ovvero la Cosa freudiana, il luogo abissale che non può essere rappresentato simbolicamente per mezzo del linguaggio umano.
By adapting the lacanian notion of the Real order to the literary criticism, this essay aims at analysing the long poem Gli sguardi, i fatti e Senhal by Zanzotto. Such intepretation ends up being more coherent and respectful towards the sensibility of the author. Moreover, this psychoanalytic reading will avoid any patographic interpretation of Zanzotto’s poetics. The trivial event of the moon-landing, interpreted by Zanzotto as a lunar wound, ought not to be read exclusively as an attempt to colonize people’s subconscious stimulated by the new media-society, and echoed by the use of a language typical of advertising. In this sense, the second section of the essay addresses the problem of the unusual of the long poem and the contextual collocation of the poetic Subject within this complex architecture. In the third part of the essay, the Dianamoon object, will be reconnected to a different linguistic dimension. This dimension displays dialogue with the lacanian Real, which is central to Zanzotto’s entire ouvrage. Through this perspective, the lunar object could be read as Das Ding, a Freudian expression that indicates the unreachable depths of linguistic representation of the signifier.
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