La poesia in prosa nel modernismo italiano
Abstract
Lo scopo di questo articolo è mettere in rilievo gli elementi di modernità nell’opera di cinque autori italiani nati negli anni ottanta dell’Ottocento e attivi negli anni dieci del Novecento - Camillo Sbarbaro, Dino Campana, Giovanni Boine, Piero Jahier, Scipio Slataper - e di inserirli in una prospettiva storiografica di lungo periodo.
Negli ultimi quindici anni sono emerse nuove posizioni nella storiografia letteraria italiana, per quanto riguarda l’inizio del ventesimo secolo. A partire dal discusso Italian Modernism: Italian Culture between Decadentism and Avant-guarde (Somigli-Moroni 2004), si è iniziato a discutere di modernismo, soprattutto in riferimento alla narrativa di Svevo, Pirandello e Gadda (cfr. in particolare Sul Modernismo italiano, a cura di Luperini-Tortora, 2012), nonché alla poesia di autori della generazione immediatamente successiva (tra tutti, Ungaretti e Montale). Rimane ancora in ombra, negli studi più recenti, l’opera di quella che viene generalmente conosciuta come generazione vociana, composta da autori che spesso si sono serviti di forme a cavallo fra poesia in prosa.
Molti di loro – ad esempio Boine, ma anche Soffici – sono intervenuti nel dibattito sui generi letterari, esprimendo posizioni ostili al romanzo. Ciò non ha giovato alla loro fortuna critica. Se è vero che nella letteratura italiana degli anni dieci non si forma una tradizione del romanzo, come accade contemporaneamente in altre letterature occidentali, non è altrettanto vero che la cultura italiana rimanga ferma a dibattiti provinciali e idee poetiche ottocentesche. La modernità letteraria italiana prende forma anche attraverso testi in prosa, pubblicati principalmente su rivista, che sfuggono sia al genere della narrativa sia a quello della saggistica e vengono accolti in quanto poesia. Se ne servono moltissimi: Aleramo, Bacchelli, Boine, Campana, Cardarelli, Cecchi, Gatto, Grande, Jahier, Onofri, Novaro, Papini, Saba, Sbarbaro, Slataper, Soffici, Stuparich, ecc.
Nell’articolo si mostreranno le ipoteche critiche che hanno gravato su questi autori (in particolar modo nei giudizi di Debenedetti, Luperini, Carpi), le opere dei quali sono state poi raggruppate sotto l’etichetta di frammentismo (cfr. O. Macrì, Poetica del frammentismo e genere del frammento, 1982; D. Valli, Vita e morte del frammento in Italia, 1989). Si riprenderanno le tesi di Martignoni, fra i pochi a mostrare l’originalità di questi testi (C. Martignoni, Per una storia dell’autobiografismo lirico vociano, 1984) che saranno integrate con una analisi di testi di Campana, Sbarbaro, Boine, Jahier e Slataper, nella quale si farà uso della categoria di poesia in prosa.
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