Macchina mitologica e machine célibataire: sulla rappresentazione del desiderio celibe nella letteratura francese del XIX secolo
Abstract
Questa riflessione sul mito sotteso alla «macchina celibe», teorizzata da Carrouges in Les Machines Célibataires, poi ripresa da Deleuze e Guattari in L’AntiOEdipe, si pone nella prospettiva di tracciare un collegamento con il modello ideato da Jesi di «macchina mitologica» – produttrice di «epifanie di miti». La prima progettazione di una macchina celibe nasce con l’opera di Duchamp, ed è da questa che Carrouges avvia la sua analisi, studiandone la qualità mitica e il meccanismo che la governa, per poi identificarla in alcuni esempi letterari otto e novecenteschi come L’Éve future di Villiers de l’Isle-Adam o Nella colonia penale di Kafka, in cui sono presenti le descrizioni di macchine prodigiose senza uno scopo sociale. Per Carrouges, «l’invariant fondamental du mythe des machines célibataires est la distance ou différence entre la machine et la solitude humaine»; la sua lettura della macchina celibe – mito moderno – considera l’uomo alle prese con la meccanica realtà novecentesca, rispetto alla quale il celibato assume una funzione non tesa alla produzione. La macchina celibe è caratterizzata da un godimento fine a se stesso e il suo «movimento oggettivo apparente» rassomiglia al «movimento in cerchio» della macchina mitologica jesiana. Deleuze e Guattari adottano la definizione di Carrouges e oppongono la macchina celibe alle macchine desideranti: ovvero l’improduttività del celibe alla motrice incessante del desiderio che produce desiderio, da essi posta alla base del processo capitalistico. Nella rappresentazione del celibato in alcuni case studies della letteratura francese del XIX secolo, verranno ricercate alcune tracce di questo mito moderno.
The article proposes an analysis of the machine célibataire, theorized by M. Carrouges and then resumed by G. Deleuze and F. Guattari in L’AntiOEdipe, in order to define its relationship with the concept of Mythological machine introduced by Furio Jesi in the Seventies. The first project of a bachelor machine is Duchamp’s La mariée mise a nu par ses célibataires, même. Carrouges starts from this piece of art to analyze the peculiar mechanism and mythical qualities characterizing this type of machine. He recognizes the principles of his theory in several literary examples from 19th and 20th centuries, as Villiers de l’Isle-Adam’s L’Éve future or Kafka’s In the Penal Colony, where it is possible to find the description of mechanical devices without useful purposes. He says «l’invariant fondamental du mythe des machines célibataires est la distance ou différence entre la machine et la solitude humaine». According to his lecture, the mythical meaning of bachelor machines concerns human solitude in the mechanic modern society. A bachelor machine is characterized by a solipsistic pleasure whose movement reminds the circular one of a mythological machine. Deleuze and Guattari adopt Carrouges’ definition to oppose bachelor machines – characterized by unproductivity – to desire machines – producers of desiring impulses at the basis of capitalistic production. In order to suggest a reflection on this modern myth, I have chosen some case studies to observe the representation of bachelors in 19th century French literature as premonitions of machines célibataires.
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